8. Interferenza tra processi con più particelle*

Fino ad ora, si è sempre studiato il comportamento di un singolo oggetto quantistico, per il quale le varie storie possibili interferiscono tra di loro.  Questo differenzia ciò che accade in meccanica quantistica dall'interferenza tra onde classiche, ove gli effetti di interferenza nascono dall'interazione tra fronti d'onda diversi.

La domanda nasce quindi spontanea: esistono fenomeni di interferenza in cui sono coinvolte più particelle, ed in caso affermativo come possono essere spiegati?

8.1. Esperimento Hong, Ou, Mandel*

La fisica quantistica prevede effetti di interferenza in cui sono coinvolte più particelle, ed in un famoso esperimento del 1986 (Hong, C. K.; Ou, Z. Y. & Mandel, L. (1987). "Measurement of subpicosecond time intervals between two photons by interference". Phys. Rev. Lett. 59 (18): 2044-2046) questo effetto viene osservato in maniera diretta.

L'università di Erlangen-Norimberga fornisce, sempre all'indirizzo http://www.didaktik.physik.uni-erlangen.de/quantumlab/english/, anche questo esperimento, alla voce “Hong-Ou-Mandel”.

Lo schema alla base dell'esperimento è facile da descrivere: due fotoni indistinguibili (cioè posti  nello stesso identico stato) vengono diretti nelle due entrate di un beam-splitter e due rivelatori sono posti alle due uscite, come in Figura 29.  

 

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Figura 29. Schema dell'esperimento Hong-Ou-Mandel.

Ci si chiede, qual è la probabilità di rivelare i fotoni ai due rivelatori? Ci sono, in linea di principio, quattro possibili processi, che possono portare a tre diversi risultati sperimentali (Figura 30): il fotone A può andare al rivelatore 1 od al rivelatore 2, ed analogamente il fotone B. Sperimentalmente, assunto come al solito che l'efficienza dei rivelatori sia del 100%, potrò trovare due fotoni al rivelatore 1, due al rivelatore 2, oppure uno al rivelatore 1 ed uno al rivelatore 2. I due processi indicati in   Figura 30 come “12” e “21” sono perciò sperimentalmente indistinguibili, se lo sono i due fotoni che vi prendono parte.

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Figura 30.  Schema dei quattro possibili processi che portano ai tre diversi risultati sperimentali per l'esperimento Hong-Ou-Mandel.

L'aspettativa “ingenua” è che i fotoni non interferiscano, e quindi ognuna delle possibilità ha il 25% di probabilità di avvenire; metà delle volte un rivelatore segnalerà entrambi i fotoni e metà delle volte entrambi i rivelatori segnaleranno un fotone ognuno. In questo secondo caso, si parla di “coincidenza” tra i rivelatori.

Questo è quello che effettivamente si osserva se i fotoni inviati all'apparato risultano in qualche maniera distinguibili, per lunghezza d'onda o per polarizzazione o soprattutto se i due fotoni entrano nel beam splitter con tempi diversi anche di poco.

In questo caso, infatti, i diagrammi “12” ( A1 , B2 ) e “21” ( A2 , B1 ) sono facilmente distinguibili sperimentalmente e quindi non possono interferire.

Se invece si rendono i due fotoni in entrata veramente indistinguibili, l'interferenza diventa in linea di principio possibile, e viene effettivamente osservata.

Nell'apparato utilizzato da Hong-Ou-Mandel, la posizione del beam-splitter può venire variata in maniera da modificare i tempi di entrata dei due fotoni, e quando i tempi di arrivo dei fotoni si avvicinano si inizia a notare un peculiare effetto di interferenza: la probabilità che i due fotoni vadano in due rivelatori diversi diventa minore del 50% diminuendo man mano che il tempo di arrivo dei due fotoni tende a coincidere; i due rivelatori però continueranno ognuno a rivelare la metà dei fotoni emessi.

Il singolo fotone, quindi, ha un comportamento apparentemente inalterato, poiché continua a scegliere le due uscite del beam-splitter con probabilità del 50% ognuna; è il comportamento della coppia di fotoni che cambia, ed i fotoni tendono a “raggrupparsi” ed ad uscire dalla stessa uscita, riducendo invece l'apparire delle coincidenze tra i rivelatori, fino ad un minimo nullo per fotoni completamente indistinguibili.

 

8.2. Ampiezza di una storia composta*

Già con l'esperimento Zhou-Wang-Mandel (sezione 5.1.) si era detto che ad interferire non erano i cammini, ma le storie o i processi indistinguibili con cui il sistema poteva passare da un dato stato iniziale ad un dato stato finale.

Si riveda la Figura 30, che descrive le quattro combinazioni possibili per l’esperimento di Hong-Ou-Mandel. Le combinazioni “22” ed “11” corrispondono a stati finali diversi e non interferiscono con altri, mentre se i fotoni sono indistinguibili le combinazioni “21” ed “12” corrispondono allo stesso stato finale: si ha un fotone al rivelatore 1 ed un fotone al rivelatore 2. Le combinazioni “21” ed “12” descrivono quindi due diverse storie per ottenere la stessa transizione dallo stato “due fotoni in ingresso” allo stato “un fotone in ogni rivelatore”.

Perciò, le storie associate a questa transizione interferiscono tra di loro, in maniera distruttiva come indica l'evidenza sperimentale.

Si vuole costruire quindi il fasore che rappresenta l'ampiezza di una storia composta, cioè una storia a cui contribuiscono più particelle. Per fare ciò si devono prima calcolare le ampiezze associate alle singole particelle che compongono il sistema, tramite la somma di cammini già descritta; fatto questo, il fasore associato a tutta la storia è il vettore la cui intensità è pari al prodotto delle intensità di tutte le ampiezze associate alle particelle componenti e la cui fase è pari alla somma delle fasi.

Questa operazione ha tutte le proprietà comunemente associate al prodotto (commutativa, associativa, distributiva rispetto all'addizione) per cui viene chiamata prodotto e indicata con i simboli comunemente associati al prodotto. I vettori bidimensionali come i fasori e le ampiezze possono essere rappresentati usando numeri complessi, in questo caso questa operazione coincide con il prodotto nei complessi.

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Figura 31. Le storie "12" e "21", le ampiezze associate alle componenti e le ampiezze associate alle due storie .

Si calcolino ora le ampiezze delle due storie “12” e “21”: nella prima storia, è presente una riflessione esterna del fotone A che va in 1, mentre nella seconda storia si hanno solo trasmissioni. La fase dell'ampiezza associata alla prima storia è quindi maggiore di p rispetto alla fase associata alla seconda storia, e l'ampiezza totale sarà nulla poiché i fasori sono in opposizione di fase.

Questo effetto non dipende dalle proprietà del particolare beam-splitter in esame (non tutti i beam splitter sono costruiti come quelli di Figura 5 o Figura 16, e beam splitter di tipo diverso hanno una diversa relazione nello sfasamento tra i fotoni riflessi ai due ingressi): ma si può dimostrare che il comportamento del fotone risulta identico utilizzando qualsiasi tipo di beam-splitter con 50% di probabilità di riflessione e 50% di trasmissione.

8.3. Bosoni, fermioni e regole di scambio*

Eseguendo esperimenti analoghi a questo, si osserva però che mentre alcune particelle si comportano come i fotoni, altre particelle come gli elettroni si comportano in maniera opposta: in un apparato analogo a quello Hong-Ou-Mandel, gli elettroni tendono a separarsi, aumentando il conteggio delle coincidenze fino a che esse costituiscono la totalità delle coppie inviate all'apparato in situazione di totale indistinguibilità. Vedasi ad esempio Quantum interference in Electron Collision. R.C.Liu, B Odom, Y. Yamamoto, S Tarucha. s.l. : Nature, 1998, Vol. Vol 391.

Si osserva quindi che esistono due classi di particelle, quelle che presentano effetti analoghi ai fotoni e quelle che invece si comportano come gli elettroni; queste due classi vengono chiamate rispettivamente bosoni e fermioni.

Per gli elettroni, ed i fermioni in generale, si deve usare quella che i fisici chiamano una “regola di scambio” diversa: se due storie differiscono solo per lo scambio di due elettroni, le ampiezze delle due storie non vanno sommate, ma sottratte. In altre parole, se due storie differiscono tra di loro per uno scambio di fermioni indistinguibili, i fasori associati vanno sottratti e non sommati. Analogamente, in presenza di tre o più storie, fissata arbitrariamente una storia di riferimento si sottraggono tutti i fasori associati a storie con un numero dispari di scambi di fermioni indistinguibili, e si sommano quelle con un numero pari di scambi di fermioni.

La regola di scambio per i bosoni è invece più semplice: se due storie differiscono per uno (o più) scambi di bosoni indistinguibili, i fasori associati vanno sempre sommati tra di loro.

Queste due diverse regole di scambio portano ai diversi comportamenti tra bosoni e fermioni, per cui i primi tendono a raggrupparsi ed i secondi tendono a separarsi.

 

8.4. Principio di esclusione di Pauli*

Il diverso comportamento dei bosoni e dei fermioni, per cui in determinate condizioni i primi tendono a raggrupparsi mentre i secondi tendono a separarsi, spiega un fenomeno sorto durante l'esame delle proprietà dell'atomo. Risulta infatti che al massimo una coppia di elettroni può trovarsi ad occupare lo stesso livello energetico di un atomo, o meglio lo stesso orbitale (esistono orbitali con eguale valore energetico ma caratterizzati da diversi valori del momento angolare); questo fenomeno, chiamato “principio di esclusione di Pauli”, è una conseguenza diretta della tendenza dei fermioni a separarsi.

Due elettroni (o due fermioni) indistinguibili non possono occupare simultaneamente lo stesso stato, cioè non possono avere simultaneamente gli stessi valori per tutte le proprietà che li caratterizzano.

Esiste però una proprietà intrinseca degli elettroni che ne permette la distinzione; ogni particella è caratterizzata infatti da un valore chiamato “spin”, che nel caso dell'elettrone può assumere solo due valori: h2π  e h2π . Al massimo due elettroni possono quindi trovarsi nello stesso stato, fintantoché una differenza nel loro valore di spin li renda distinguibili.