7. Atomo di Bohr

Quello che viene chiamato “atomo di Bohr” è un modello atomico, proposto da Bohr nel 1913 per tentare di descrivere l'atomo di idrogeno.

Come si può notare dalla data, ci si trova proprio agli albori della teoria quantistica; questo modello è molto importante dal punto di vista storico perché indicò alla comunità scientifica una buona strada per poter spiegare i comportamenti subatomici che in quel periodo venivano osservati per la prima volta, ma è un modello ibrido, che non può essere considerato quantistico se misurato con canoni moderni; è definito infatti un modello “semiclassico”, poiché usa la meccanica classica e vi aggiunge ad hoc alcune ipotesi quantistiche. La bontà di alcuni dei risultati ottenuti, però, indicò ai fisici come le ipotesi introdotte da Bohr fossero punti importanti su cui concentrare le ricerche.

 

Il modello atomico di Bohr tratta gli elettroni come se fossero particelle classiche e non oggetti quantistici, e utilizza ancora l'idea di traiettoria; d'altronde, ancora non si era capito quanto fosse differente il comportamento delle particelle subatomiche da quello degli oggetti macroscopici, ed è quindi naturale che Bohr continuasse ad utilizzare la meccanica classica per descrivere l'elettrone.

 

Innanzitutto, scriviamo le equazioni classiche per un elettrone in orbita circolare attorno ad un protone:

{mv2r=kce2r2E=12mv2kce2r

(40)

La prima equazione afferma che la forza centripeta è pari alla forza di Coulomb di attrazione elettrostatica, mentre la seconda è semplicemente la formulazione dell'energia meccanica totale come energia cinetica più energia potenziale. Il simbolo kc è la costante Coulomb, nel sistema internazionale più comunemente scritto come kc=14πϵ0 , mentre m è la massa dell'elettrone.

Dalla prima delle (40) si può ricavare immediatamente che, in un'orbita legata per attrazione elettrostatica, l'energia cinetica è metà del modulo dell'energia potenziale, quindi

Ecin=Epot2=kce22rE=kce22r

(41)

Bohr fece l'assunzione che il momento angolare fosse quantizzato allo stesso modo di come abbiamo mostrato per un oggetto confinato su un anello nella sezione 6.3., cioè che potesse assumere solo valori pari a multipli interi di h2π come dalla formula (38).

A partire da questa ipotesi, anche l'energia cinetica e l'energia totale risultano quantizzate. Infatti:

Ecin=L22mr2=h24π2n22mr2 (n=1,2,3...)E=L22mr2=Ecin

(42)

Uguagliando la prima delle (42) con la prima delle (41) si ottengono i valori possibili per i raggi dell'orbita:

kce22r=h24π2n22mr2r=n2h24π2kcme2

(43)

E sostituendo i raggi permessi dalla  (43) nella seconda delle (41) si possono ottenere i valori permessi per l'energia totale dell'elettrone:

 

E=2mkc2e4π2n2h2 (n=1,2,3,...)

(44)

 

Con la sua ipotesi, Bohr ottiene due risultati numerici interessanti: innanzitutto, l'energia dello stato fondamentale (n = 1) risulta uguale in modulo all'energia di ionizzazione dell'idrogeno.

In secondo luogo, questo modello è il primo che riesce a dare una spiegazione al fenomeno delle righe spettrali: ogni elemento assorbe ed emette luce a ben definite frequenze, generando uno spettro di assorbimento od emissione a righe, da cui il nome righe spettrali.

 

Nella transizione da un'energia ammessa ad un'altra, l'elettrone deve assorbire od emettere energia, solitamente sotto la forma di fotoni. L'energia assorbita o emessa sarà pari alla differenza tra le energie dei due livelli coinvolti nella transizione. Le energie permesse per l'elettrone calcolate da Bohr risultano essere proprio quelle che, considerando la differenza tra due diversi valori permessi, danno luogo alle varie serie di righe nello spettro dell'idrogeno. Inoltre, Bohr riesce a calcolare per via teorica il valore della costante di Rydberg, una costante che descrive la posizione di tali righe, trovando un valore in accordo con i risultati sperimentali.

 

Si noti come l'ipotesi introdotta da Bohr come assunzione ad hoc (la quantizzazione del momento angolare) è un risultato che la meccanica quantistica riesce a ricavare. Questo non è un caso: poiché il modello di Bohr sentiva di interpretare correttamente i risultati sperimentali, la teoria quantistica, costruita successivamente, doveva essere in grado di spiegare in modo coerente le ipotesi sulle quali quel modello si fondava.

7.1. Limiti del modello di Bohr

È molto importante sottolineare i forti limiti del modello appena esposto. In esso, l'elettrone non percorre tutti i cammini possibili, compatibili con i vincoli imposti al sistema; ma è arbitrariamente vincolato a stare su una circonferenza, corrispondente ad una delle orbite classiche.  

Il modello, fondamentalmente, è una mescolanza tra principi della meccanica classica ed elementi di meccanica quantistica, che ben rispecchia la la situazione di transizione vissuta dalla comunità fisica del periodo. Il modello di Bohr ottiene quindi alcuni risultati corretti, ma non rispecchia assolutamente la teoria moderna. È estremamente importante dal punto di vista storico perché per la prima volta viene introdotta la discretizzazione di variabili ritenute continue: la quantizzazione dell'energia entrò nel discorso fisico proprio grazie a questo modello.

Un modello puramente quantistico degli atomi presenta alcune somiglianze e notevoli differenze con il modello di Bohr. Si ritrova la quantizzazione dell'energia, con solo alcune energie ammesse, ed i valori calcolati da Bohr per l'energia dei vari livelli dell'atomo di idrogeno risultano corretti.

D'altronde, in meccanica quantistica non si può parlare di orbite, ed invece si introduce il concetto di orbitale, cioè la distribuzione di ampiezze e probabilità dell'elettrone per un dato livello energetico: l'elettrone ha una probabilità di essere rilevato in una data posizione, ma non si può mai essere certi della sua posizione ed esso si può sempre trovare a distanze dal nucleo diverse dai raggi delle orbite di Bohr. Nel linguaggio dei cammini di Feynman, si scopre che in corrispondenza di ognuno dei valori permessi dell'energia, i cammini che soddisfano alla condizione di interferenza costruttiva sono quelli confinati a percorrere una certa regione di spazio intorno al nucleo, che è quella corrispondente ad uno degli orbitali.

I valori dei raggi trovati da Bohr continuano però ad avere significato anche passando agli orbitali: prendendo per esempio il livello fondamentale dell'atomo di idrogeno, la distanza dell'elettrone dal nucleo calcolata secondo il modello di Bohr, chiamata comunemente “raggio classico dell'atomo di idrogeno”, risulta essere nel modello quantistico la distanza alla quale la probabilità di trovare l'elettrone è massima.

Si noti però che moda e media non sono necessariamente coincidenti. Sempre esaminando il livello fondamentale dell'atomo di idrogeno, la distanza media dell'elettrone risulta circa una volta e mezza superiore alla distanza di probabilità massima: l'atomo di idrogeno ha circa una volta e mezzo il raggio ottenuto con i calcoli di Bohr.