5. L'effetto dell'informazione sui cammini

 

Nell'analizzare l'esperimento Mach-Zehnder nella sezione 2.5. abbiamo concluso che, quando l'apparato è utilizzato nella sua forma completa, non è possibile asserire che il singolo fotone sia passato solo attraverso l'uno, oppure l'altro, dei bracci dell'interferometro, ma è necessario pensare che li abbia “esplorati” entrambi. La stessa cosa vale per l'esperimento della doppia fenditura con un fotone alla volta di Figura 4, o con un elettrone alla volta di Figura 21: non è possibile affermare che gli oggetti quantistici che arrivano sullo schermo siano passati solo dall'una o dall'altra delle due fenditure. Tuttavia, si potrebbe pensare di porre un rivelatore su ciascuna delle fenditure, il quale, disturbando il meno possibile il passaggio del fotone o dell'elettrone, riesca a determinare se esso sia passato o meno. Cosa accadrebbe allora?

 

La risposta è che i rivelatori (ammesso che abbiano un'efficienza del 100%) vedrebbero sempre il fotone passare attraverso o l'una o l'altra delle due fenditure, ma in tal caso non si formerebbe più alcuna figura di interferenza sullo schermo. Possiamo interpretare il risultato in questo modo: se ho un'informazione, un dato di realtà che consente di distinguere quali cammini l'oggetto quantistico non può aver preso, tal cammini non vanno più conteggiati tra quelli possibili. I cammini possibili, quindi, non sono solo quelli compatibili con i vincoli fisici imposti al sistema, ma anche con l'informazione disponibile su di esso.

È quindi il fatto in sè di ottenere informazione su quale cammino ha preso il fotone che provoca la distruzione della figura di diffrazione, e non un effetto di disturbo dovuto ai rivelatori.

Si può anche esprimere lo stesso concetto da un punto di vista leggermente diverso: la formula (14), che esprime il modo in cui si calcolano le probabilità in fisica quantistica e, essenzialmente, è responsabile della nascita di effetti di interferenza, vale per un evento E che può avvenire attraverso due canali A e B alternativi e indistinguibili. Se i due canali, come nel caso dell'esperimento della doppia fenditura in cui si ponga un rivelatore atto a rivelare il passaggio dell'oggetto quantistico, diventano distinguibili, allora la probabilità non va più calcolata attraverso la formula (14), ma utilizzando la più semplice formula (13), che fornisce la probabilità classica per un evento che può avvenire in due modi mutuamente esclusivi, e non conduce ad alcun effetto di interferenza.

Una simulazione GeoGebra dell'interferenza da doppia fenditura con la possibilità di acquisire informazione su quale delle due vie l'oggetto quantistico ha percorso può essere di aiuto per chiarire quanto precedentemente esposto. La simulazione è disponibile all'indirizzo https://tube.geogebra.org/material/simple/id/GALGGPlo.

5.1. L'esperimento di Zhou, Wang e Mandel

L'esperimento Zhou-Wang-Mandel è una verifica sperimentale di questa spiegazione, ottenuta tramite misure che non implicano interazioni con l’oggetto quantistico che si vuole studiare. In questo esperimento, la luce emessa da una sorgente laser a bassa intensità passa attraverso un beam splitter, dove è divisa in due fasci, ognuno dei quali è indirizzato verso un cristallo “non lineare”, che, se eccitato da un laser è capace di emettere fotoni a coppie, con frequenze diverse e in diverse direzioni.  Per comodità questi due fotoni (per ciascuna coppia) saranno chiamati  “di segnale” e “di controllo”.

A causa della bassa intensità del laser che guida l'apparato, statisticamente uno solo dei due cristalli viene eccitato, e quindi in ogni momento (tranne eccezioni statisticamente irrilevanti) vi è una sola coppia di fotoni nell'apparato, che è emessa o dal cristallo 1 o dal cristallo 2.

In questo esperimento, il fotone “di segnale” di ciascuna coppia è utilizzato per osservare (o non osservare) una figura di interferenza; esso è quindi l'analogo del fotone lanciato contro un sistema di due fenditure. Il fotone “di controllo” di ciascuna coppia è invece utilizzato per osservare (o non osservare) quale dei due cristalli ha emesso la coppia, e quindi quale dei due processi che possono portare al risultato finale è avvenuto. Esso è l'analogo di un rilevatore capace di ottenere informazione “which way”.

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Figura 22. La prima delle due configurazioni dell'esperimento Zhou-Wang-Mandel. In questo caso si osserva interferenza al rivelatore 1 (Detector 1).

Nella configurazione visibile in Figura 22, l'apparato è allineato in modo tale che, indipendentemente da quale dei due cristalli emetta la coppia, il fotone “di controllo” sia comunque diretto verso il rivelatore 2. In questo modo, gli eventi “il cristallo 1 ha emesso la coppia” e “il cristallo 2 ha emesso la coppia” sono realmente indistinguibili, e di conseguenza possono interferire: se la lunghezza di uno dei due possibili cammini ottici del fotone “di segnale” viene variato, si osserva una figura di interferenza al rivelatore 1 (Figura 24, linea A).

Ma se l'apparato viene allineato in modo tale che solo in uno dei due casi possibili (in Figura 23, se la coppia è emessa dal cristallo2) il fotone “di segnale” arrivi al rivelatore 2, allora i due processi non sono più indistinguibili (il dato del rivelatore 2 è in grado di distinguerli) e variare uno dei due possibili cammini ottici del fotone “di segnale” non ha più alcun effetto: il conteggio al rivelatore 1 rimane costante (Figura 24, linea B).

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Figura 23. La seconda delle due configurazioni dell'esperimento Zhou-Wang-Mandel. In questo caso il rivelatore 2 (Detector 2) è in grado di distinguere quale dei due possibili processi è avvenuto, e non si osserva interferenza al rivelatore 1 (Detector 1).

Il risultato dell'esperimento è abbastanza sorprendente: infatti dal punto di vista del fotone “di segnale” nulla sembra essere cambiato nei due differenti setup dell'apparato: il suo percorso non viene  in alcun modo modificato; eppure, il fatto che l'apparato sia in grado di distinguere, attraverso il fotone “di controllo”, da quale dei due cristalli esso è stato emesso, modifica il risultato dell'esperimento.

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Figura 24. Conteggio dei fotoni rivelati dal rivelatore 1 in funzione della differenza di cammino ottico, nei due diversi setup dell'esperimento. La linea A rappresenta il caso in cui i due processi sono indistinguibili, mentre la linea B quello in cui sono distinguibili .

Questa è una delle fondamentali differenze con la meccanica classica: nella visione moderna della fisica quantistica, l'acquisizione di informazione su un sistema quantistico ne modifica l'evoluzione, restringendo i cammini possibili ai soli cammini compatibili con l'informazione ottenuta.

 

5.2. Processi, non solo cammini

Questo esperimento mostra anche perché il modello di Feynman viene chiamato “somma di storie”: ad interferire non sono i cammini, ma tutti i processi, tutte le storie, attraverso cui uno stato iniziale si trasforma in uno stato finale.

Infatti, nella prima configurazione dell'esperimento Zhou-Wang-Mandel esistono due processi, due possibili storie, che portano alla rivelazione del fotone al rivelatore 1. Poiché tali storie non sono distinguibili tra loro, esse interferiranno tramite la regola di Feynman della somma delle ampiezze.

Di contro, nella seconda configurazione, l'arrivo di un fotone al rivelatore 1 può ancora avvenire secondo due processi diversi, ma ora tali processi sono distinguibili poiché il secondo rivelatore ha comportamento diverso nei due processi. Per quanto quindi non sembra ci debba essere differenza nel comportamento del fotone “di segnale”, in realtà l'informazione che permette di distinguere tra di loro i due processi esiste, e questa esistenza impedisce l'interferenza tra di essi.