3. Principio di indeterminazione

Interferometro Mach-Zehnder: nell'interferometro Mach-Zehnder i due rami dell'apparato creano effetti di interferenza nei fotoni che entrano nell'apparato stesso. Il risultato è che a parità di lunghezza dei due cammini un'uscita dell'apparato viene selezionata rispetto all'altra.

Osserviamo di nuovo la diffrazione da fenditura singola di Figura 14. Possiamo osservare, qualitativamente, che la figura di diffrazione si allarga al restringersi della fenditura, e viceversa.

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Figura 20. Due diverse simulazioni di diffrazione da fenditura singola, al variare dell'apertura della fenditura.

La semilarghezza della fenditura può essere vista come l'incertezza sulla posizione x del fotone nel momento in cui passa attraverso lo schermo, ossia possiamo scrivere Δx=d2 . La larghezza della figura di diffrazione si può invece collegare all'incertezza sulla componente x della quantità di moto del fotone, sempre nel momento in cui attraversa la fenditura. Si può infatti stimare l'incertezza sulla quantità di moto limitandosi a considerare i fotoni che cadono nel picco centrale, dove la probabilità di rivelare il fotone è massima: la semiampiezza angolare del picco è circa Δθ=λd rispetto al centro (vedi (20) in approssimazione di piccoli angoli), da cui ΔpxpΔθ=hλλd=hd . L'incertezza sulla posizione x, quella sulla componente px della quantità di moto sono dunque inversamente proporzionali, e si ottiene:

 

ΔxΔpx=d2hd=h2

(21)

 

L'argomentazione qui presentata è chiaramente qualitativa, ma in fisica quantistica è possibile formalizzarla rigorosamente (teorema di Robertson), arrivando alla relazione esatta

 

ΔxΔpxh4π

(22)

Relazione che esprime la minima indeterminazione sempre presente in un sistema quantistico per la coppia di variabili posizione/quantità di moto (lungo la stessa direzione).

Principio di indeterminazione: la posizione e la quantità di moto di un oggetto quantistico non possono essere contemporaneamente ben definite: il prodotto delle loro incertezze non può scendere al di sotto di una quantità minima.

3.1. Incompatibilità

Ecco quindi che sorge la nozione di incompatibilità tra grandezze fisiche. In linea di principio, nella fisica classica due grandezze fisiche possono essere sempre misurate contemporaneamente con precisione assoluta. In fisica quantistica invece esistono grandezze, dette incompatibili, che non possono essere contemporaneamente ben definite con precisione assoluta. La coppia posizione/quantità di moto è l'esempio classico, in quanto fu la prima ad essere individuata dai fisici.

Non è necessario che l'incompatibilità avvenga esclusivamente per coppie di grandezze. Un altro esempio di grandezze incompatibili è costituito dalle tre componenti del momento angolare: una conoscenza della componente del momento angolare lungo l'asse x impedisce la conoscenza delle componenti lungo gli assi y e z. Il comportamento di questa terna è descritto da una formula un po' più complicata della (22) , nella quale il prodotto delle incertezze su due delle tre componenti è proporzionale al valor medio della terza.

Di contro, si dicono compatibili grandezze che in linea di principio si possono misurare in contemporanea con precisione arbitraria. Grandezze compatibili sono per esempio la posizione lungo una direzione e la quantità di moto lungo una direzione perpendicolare (x con py ), oppure l'energia con la quantità di moto.

Incompatibilità: si dicono incompatibili grandezze che per un oggetto quantistico non possono essere contemporaneamente ben definite con arbitraria precisione. Sono per esempio incompatibili tra loro posizione e quantità di moto lungo una stessa direzione; oppure le tre componenti x, y e z del momento angolare.

3.2. Interpretazione del principio di indeterminazione

L'interpretazione del principio di indeterminazione è ancora molto dibattuta in ambito fisico. Agli inizi della meccanica quantistica alcuni (a partire da un famoso articolo di Heisenberg) ritenevano che la relazione di indeterminazione potesse essere dovuta ad un effetto di disturbo dovuto alle misure, ma nella prospettiva moderna il principio di indeterminazione non riguarda un disturbo causato al sistema dal processo di misura. Riguarda invece una proprietà intrinseca dei sistemi quantistici, ossia l'impossibilità che essi si trovino, o possano essere appositamente preparati (cioè posti) in uno stato in cui i valori di grandezze tra loro incompatibili siano entrambe precisamente definite, oltre un certo limite intrinseco.

 

Utilizzando i termini con precisione, potremmo anche specificare che la relazione di Heisenberg, così come viene compresa oggi, non riguarda una incertezza, ossia non dice che l'oggetto quantistico ha valori precisamente definiti per tutte le grandezze, ma noi per qualche motivo non li possiamo sapere tutti insieme con infinita precisione; ma riguarda una vera e propria indeterminazione, ossia il fatto che l'oggetto quantistico non può avere valori precisamente definiti contemporaneamente per due grandezze incompatibili. Del resto, il fatto stesso di usare il metodo della somma sui cammini significa ammettere che all'oggetto quantistico possono essere associate, nello stesso istante, diverse posizioni.

 

Sebbene l'indeterminazione non sia, in linea di principio, legata al processo di misura, ma sia una proprietà intrinseca dei sistemi quantistici, essa ha conseguenze sul processo di misura. Ad esempio,

nella simulazione con la singola fenditura, prima si è misurata la posizione del fotone e poi se ne è osservata la quantità di moto. La dispersione del fotone al di là della fenditura mostra come sia impossibile prevedere la quantità di moto dopo una misura di posizione lungo lo stesso asse: se la posizione è misurata con incertezza sperimentale Dx allora la quantità di moto non potrà essere predetta con precisione maggiore di quella ottenuta tramite l'equazione (22). Questo è perché misurare la posizione di un oggetto quantistico con  incertezza sperimentale Dx, significa porlo in uno stato (in cui, precedentemente, poteva non essere) in cui la massima indeterminazione intrinseca sulla sua posizione è proprio  Dx.

 

Un modo corretto di vedere il principio di indeterminazione in relazione al processo di misura è quello statistico. Ad esempio, si prenda una sorgente che emetta fotoni (o altri oggetti quantistici) completamente indistinguibili tra loro tra di loro, cioè tutti nello stesso stato (in un senso che sarà meglio specificato nel paragrafo seguente). Si esamini un alto numero di tali fotoni, ad esempio un migliaio, e per metà di essi si misuri la posizione con precisione molto elevata e per l'altra metà si misuri la quantità di moto, sempre con alta precisione. Si osserverà che le posizioni misurate in questa modalità avranno valori diversi da fotone a fotone, ed analogamente per le quantità di moto; le incertezze su questi valori, calcolate usando la deviazione standard, obbediranno ai vincoli dell'equazione (22).

 

Interpretazione del principio di indeterminazione: il principio di indeterminazione non è dovuto ad effetti di disturbo dovuti all'esecuzione delle misure, e non rappresenta un'incertezza sperimentale rispetto a un valore “vero”, ma è invece una proprietà intrinseca dei sistemi quantistici, che limita la possibilità che i valori di grandezze incompatibili siano contemporaneamente ben definiti.

3.3. Stato di un sistema quantistico*

Supponiamo di avere un oggetto quantistico confinato su un segmento dell'asse x di lunghezza L. La minima indeterminazione possibile sulla componente x della sua quantità di moto sarà Δpx=h/4πL . Se noi adesso vogliamo confinare l'oggetto quantistico su una lunghezza più piccola, l<L , possiamo farlo, ma automaticamente dovremo accettare che lo stato in cui l'oggetto quantistico si troverà, abbia una minima indeterminazione  sulla componente x della sua quantità di moto più grande: Δpx=h/4πl . Questo non dipende in alcun modo da come l'operazione di confinare l'oggetto quantistico viene fatta, ma è una proprietà intrinseca che riguarda il suo stato iniziale ed il suo stato finale.  

La riflessione sul principio di indeterminazione ci porta a discutere che cosa intendiamo per stato di un sistema quantistico. In meccanica classica, lo stato di una particella puntiforme è l'attribuzione di un valore fissato per la sua posizione e la sua velocità. Ma se attribuire un valore preciso alla posizione a alla componente della quantità di moto (e quindi della velocità) in quella stessa direzione è impossibile per un oggetto quantistico, allora cosa intendiamo per stato di tale oggetto? Ricordiamo che abbiamo detto nel paragrafo precedente che l'indeterminazione non è un effetto della misura, e quindi che non possiamo pensare che l'oggetto quantistico abbia inizialmente una posizione e una velocità entrambe definite con infinita precisione, che il processo di misura rende incerte.  Per stato di un sistema quantistico dobbiamo quindi intendere, in generale, una codificazione matematica, che contiene tutta l'informazione disponibile sul sistema, inclusi i possibili valori delle grandezze fisiche ad esso associabili, compatibilmente con il principio di indeterminazione.  

 

Una possibile caratterizzazione dello stato di un oggetto quantistico ad un certo istante di tempo è, ad esempio, data dallo specificare tutte le possibili posizioni che l'oggetto può avere a quell'istante, nonché il fasore associato a ciascuna di tali posizioni. Questa caratterizzazione dello stato si chiama “funzione d'onda” (spaziale), e da essa si può estrarre, attraverso un'operazione matematica, anche l'insieme delle possibili quantità di moto attribuibili al sistema. Per un oggetto quantistico senza “spin” (grandezza di cui parleremo in seguito) la funzione d'onda è una rappresentazione completa dello stato del sistema.

3.4. Indeterminazione energia-tempo

Oltre alla relazione di indeterminazione tra posizione e quantità di moto qui esaminata, ne esistono altre. Quella probabilmente più importante è quella tra energia e tempo. La formula della relazione è identica a quella tra posizione e quantità di moto:

ΔEΔth4π

(23)

In questa formula tuttavia non è sempre chiaro ciò che si debba intendere con “indeterminazione sul tempo”. Una delle migliori definizioni, anche se qualitativa, è probabilmente la seguente: Δt va inteso come un intervallo di tempo, caratteristico del sistema,  nel quale le grandezze fisiche ad esso relative variano significativamente.

Da tale definizione si può comprendere un'importantissima proprietà dei sistemi quantistici: essi possono avere energia fissata con precisione infinita ( ΔE=0 ) solo se, in essi, nessuna grandezza varia mai, ossia se sono stazionari ( Δt ).

 

Tra gli effetti dell'indeterminazione tra energia e tempo è da includere quello sugli stati instabili: si prenda uno stato instabile, come quello di un atomo eccitato, un nucleo radioattivo oppure di una particella instabile, cioè lo stato di un sistema che dopo un periodo di tempo decade emettendo energia. Come per tutte le situazioni in meccanica quantistica, è impossibile prevedere il momento esatto in cui accade questo decadimento, ma con una grande collezione di sistemi identici è possibile esaminare il comportamento sui grandi numeri; in particolare, si può misurare la “vita media”, cioè il tempo medio in cui tale stato decade. La “vita media” soddisfa la definizione precedente per Δt poiché è certamente la scala di tempo su cui le proprietà caratteristiche del nucleo o atomo eccitato variano significativamente. Così ad esempio, l'isotopo 14 del carbonio ha una vita media di circa 8000 anni, mentre un neutrone non legato in un nucleo ha una vita media di 15 minuti. Il valore energetico di un tale stato instabile non è precisamente definito, ma ha un'indeterminazione ΔE tale che il prodotto tra tale indeterminazione e la vita media Δt rispetta l'equazione (23).