UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - DIPARTIMENTO DI SCIENZE MUSICOLOGICHE E PALEOGRAFICO- FILOLOGICHE

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Sound design. Ambiguità e necessità storica di un termine alla moda

Maurizio Corbella

 

Università degli Studi di Milano

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Nel sito web filmsound.org, diventato punto di raccolta internazionale del sapere tecnico e aneddotico sulla ‘arte del suono cinematografico’, sono raggruppati in ordine alfabetico per titolo di film centinaia di riferimenti bibliografici che hanno come argomento il sound design, a testimonianza del fatto che si tratta di una formula fortunata, entrata nell’uso comune di chi si occupa di cinema non necessariamente a livello specialistico. Tra i ‘mestieri’ del cinema, quello del sound designer è senz’altro dotato di maggiore ambiguità, individuando un campo d’azione che va dalla ideazione dei cosiddetti effetti sonori speciali alla responsabilità autoriale sull’intera componente sonora di un film. Analogamente al termine ‘regista’, sound designer non è riferibile esclusivamente a competenze dai confini precisi e delineati, ma fa riferimento a un’area semantica più ampia e sfumata.

Il vero sound designer deve essere immerso nella storia, nei personaggi, nelle emozioni, negli ambienti e nel genere del film. Grazie al contributo di questi elementi, lo spettatore sarà guidato in maniera integrata ma sovente inconscia, in un percorso esperienziale che è autentico e umano, una metafora dell’esperienza di vita. Utilizzando tutti gli strumenti della musica, della psicologia, dell’acustica e della drammaturgia, si realizza l’arte dell’orchestrazione, scegliendo il suono giusto per il momento giusto (Sonnenschein 2001, p. xix; trad. mia).

Eppure, a differenza del regista, il sound designer non è sempre esistito, almeno non in una definizione siffatta: il suo emergere è in stretta relazione con il fenomeno della new Hollywood negli anni Settanta, che pone in ambito americano la questione del cinema d’autore, ereditandola dal cinema europeo e indipendente della decade precedente e adattandola agli assetti produttivi californiani. Nella situazione attuale nuovamente mutata, in cui il problema autoriale sembra meno urgente che quarant’anni fa, c’è chi rimette in discussione una formula affascinante ma mai realmente integrata negli assetti produttivi mainstream, almeno non nella sua accezione più ambiziosa (Jullier [2006] 2007, p. 21). Di qui la necessità di chiarire i confini semantici di un termine precocemente storicizzatosi, con i suoi modelli e canoni estetici, eppure sostanzialmente poco interrogato nel merito delle ragioni del suo emergere storico e dei paradigmi concettuali di riferimento.