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One Touch of Venus Nel 1943 Kurt Weill compone One Touch of Venus avvalendosi della collaborazione di Ogden Nash e Sid J. Perelman per la redazione del libretto; dopo il grande successo al botteghino lo stesso Weill sarà il supervisore della versione cinematografica realizzata negli studios di Hollywood nel 1948. Kurt Weill con One Touch of Venus s’inserisce appieno nella tradizione del musical golden age (Kowalke 2002) in rapporto alla forma: il compositore rispetta la suddivisione delle scene fra momenti recitati e canzoni orecchiabili di immediato successo, struttura la relazione dei personaggi fra un protagonista e un antagonista che ruotano intorno alla protagonista, inserisce balletti fortemente scenografici e momenti ironici di prassi (n. 27. Cacth Hatch); attinge inoltre alla tradizione musicale americana inserendo il numero barbershop (n. 19. The Trouble With Women). La ragione per cui si prende One Touch of Venus come esempio per tematizzare la differenza all’interno del genere film musical risiede in ciò che è accaduto in seguito al musical nel suo passaggio dal teatro al cinema. La trama non è stata modificata; ciò che è stato oggetto d’interventi sostanziali è stata la musica: la casa di produzione Universal ha voluto realizzare un film ‘a partire da’ One Touch of Venus, musical di successo, chiedendo il massimo coinvolgimento del compositore. Il risultato finale è stato un film altrettanto di successo; ma in che modo è avvenuto il passaggio da One Touch of Venus teatrale a One Touch of Venus film? Nella versione cinematografica di One Touch of Venus non sono presenti tutti i numeri musicali della versione teatrale: sono state utilizzate esclusivamente Speak Low e That’s Him, è stata introdotta una nuova canzone (Don't Look Now, but) My Heart Is Showing, la cui composizione è stata affidata all’arrangiatrice Ann Ronell. La nuova canzone e in generale la musica d'accompagnamento del film non presentano una conduzione orchestrale particolarmente ardita. In modo analogo a quanto avviene nel musical, la caratterizzazione musicale dei personaggi nel film avviene attraverso i motivi musicali, ma nella resa teatrale i motivi caratterizzavano i singoli numeri, mentre nel film i motivi perdono la specificità legata al numero divenendo elementi ricorrenti e contraddistinguono dunque le scene. Nella realizzazione cinematografica si sceglie di potenziare due elementi che connotavano il musical teatrale: lo spaesamento di Venus e la sua condizione di straniera, da dea dell’amore residente nell’Olimpo a semplice donna piombata sulla terra e totalmente inesperta a gestire le relazioni personali. È oggetto di analisi audiovisiva, adesso, la sottosequenza relativa alla metamorfosi della statua di Venere (Tabella 1); il momento della metamorfosi è parte centrale della trama di One Touch of Venus: stabilisce un filo rosso con il testo letterario da cui ha avuto origine (Anstey 1885), successivamente con il musical teatrale; in questa sede questa sottosequenza è particolarmente efficace perché consente di enucleare una delle differenze di comportamento nei confronti della componente musicale nel film musical, cui ho fatto riferimento in apertura del saggio.
Tabella 1. Analisi della scena della metamorfosi, da One Touch of Venus (1948). La scena della metamorfosi è strutturata su due temi principali; nella versione cinematografica il tema dell’anello è scisso in due: da una parte il filtro d’amore, porta che consente di accedere a un mondo sovrannaturale, guidato da leggi altre (la legge dell’‘Amore’ e della ‘Bellezza’ assoluti), dall’altra il tema del bacio come rappresentazione sensuale dell’amore stesso. Il tema del filtro, invece, è un’innovazione del film. Esso richiama il classico topos letterario, che ha avuto tanta fortuna nel teatro musicale. In questo contesto il filtro serve a due scopi: creare una connessione fra la New York di Eddie e l’Olimpo di Venus e permettere attraverso un obnubilamento della coscienza il raggiungimento di un amore sentimentale, che travalica gli schemi dello stereotipo borghese. Un’analisi della sottosequenza in questione permette di porre l’attenzione sulla complessità degli elementi e sulla tipologia di lavoro di traduzione. Nel film, rispetto al musical teatrale, emerge una inedita relazione tra musica e immagine. Si può osservare la congruenza delle scelte musicali nei confronti delle immagini: il silenzio cadenza lo svolgimento dell’azione, ponendosi come momento di inizio e fine di micro sezioni formali distinte. Ai silenzi sono assegnate le azioni che determinano gli sviluppi nella trama: nel primo Eddie apprezza lo champagne, nel secondo bacia la statua, nel terzo vede Venus umanizzata. Si distinguono due tipologie di textures musicali: l’una sottolinea in maniera gestuale e puntuale i movimenti scenici, introducendo un carattere buffo e di commento alle azioni di Eddie; l’altra caratterizzata dall’uso leitmotivico del motivo principale su cui è strutturato il tema di Speak Low, che ne costituisce la testa. Questo è affidato e sviluppato dagli archi e genera una texture legata e continua. Il rapporto testo/musica delle due è dunque differente: la prima commenta l’azione scenica, la seconda introduce un piano semantico altro che si dipana in un lasso di tempo ampio e dalla profondità maggiore. Il ruolo di Speak Low è qui da intendersi come motivo dell’amore in senso assoluto: nel momento in cui a Eddie si svela la statua, ne rimane istantaneamente innamorato, sulle note di Speak Low. Un aspetto importante è la rappresentazione del sovrannaturale e, quindi, della metamorfosi della statua; questa avviene in seguito al bacio di Eddie. Il sovrannaturale è qui musicalmente rappresentato attraverso l’uso di una strumentazione elettronica che, eseguendo nuovamente il motivo di Speak Low, costituisce il collegamento fra i due mondi, quello reale di Eddie e quello divino di Venus; sia nella prima apparizione di Venus (8’ 14’’) con Speak Low, eseguito probabilmente da un theremin, sia nella sua seconda apparizione (20’ 08’’) nella scena in camera di Eddie: qui la dea appare inaspettata, riflessa in uno specchio e accompagnata da un suono tenuto generato elettronicamente (timbro inarmonico, statico, trattato mediante un riverbero). La musica elettronica presente esclusivamente in questi due passi mette in risalto l’atto del varcare la soglia fra i due mondi. Il ricorso all’elettronica permette di definire il film come esempio di traduzione intersemiotica per la possibilità di sincronizzazione fra l’elettronica con le immagini e perché questi suoni non sarebbero stati possibili in un’esecuzione dal vivo. Si usano, dunque, le specificità del mezzo elettronico per rendere in maniera nuova qualcosa la cui realizzazione con altri mezzi, in teatro, non garantiva a sufficienza la verosimiglianza dell’azione rappresentata. Il divino è reso anche attraverso l’elemento simbolico del tuono e del fulmine, così come Venus si rivolge al cielo e a Jupiter, dopo aver incontrato Eddie e prima della conclusione, per chiedere ulteriore tempo per rimanere sulla Terra e congedarsi dal suo amore. A una tecnica innovativa si affianca uno strumento consolidato del linguaggio musicale, l’allusione. Nel momento in cui Eddie è sulla scala e si avvicina alla statua prima di darle il bacio, ciò che si sente è un frammento del Tristan und Isolde, in particolare il frammento costruito su una progressione che precede la risoluzione nel finale dell’opera (Atto III, scena III, Mild und leise wie er lächelt, Isolde). L’allusione all’opera di Wagner, pur brevissima (8’ 08’’ - 8’ 11’’), rafforza il significato del filtro d’amore e dell’amore assoluto e obnubilante. La distinzione di ruoli fra l’underscoring e le canzoni è netta; le uniche due canzoni presenti, Speak Low e (Don’t Look Now, but) My Heart is Showing, assumono un significato forte in rapporto alla vicenda narrata perché la costruzione del significato e la trasmissione del messaggio è affidata alla musica e non più alle inquadrature. Weill distingue l’underscoring dalle due canzoni attraverso la concezione strutturale: le canzoni sono basate su una struttura tematica, la cui costruzione è simmetrica con un piano cadenzale chiaro e lineare; l’underscoring ha un carattere di transizione ed è organizzato su moduli in progressione modulante continua e privi di una strutturazione simmetrica. |